Gianluca Garzetti*, Magda Mensi*, Antonino Palazzolo**
Le malattie parodontali e peri-implantari sono condizioni di grande impatto per la loro elevata prevalenza e per il rilevante impatto negativo sulla salute sistemica, sulla qualità della vita correlata alla salute orale e sul benessere sociale1-4. Se non trattata, la parodontite può portare alla distruzione dei tessuti di sostegno del dente e, infine, alla perdita dei denti. Analoghi effetti possono subire gli impianti dentali affetti da una forma di malattia peri-implantare5. La terapia parodontale non chirurgica (NSPT), è universalmente riconosciuta come una pietra miliare nella parodontologia per il fatto che una componente fondamentale del trattamento parodontale è la disgregazione del biofilm patogeno6. Tuttavia l’intera eliminazione dei batteri potrebbe non essere efficacemente raggiunta dalla sola terapia non chirurgica a causa delle peculiarità dei patogeni parodontali e del loro annidamento in nicchie profonde e difficilmente accessibili. Per superare queste limitazioni, numerosi agenti antimicrobici vengono utilizzati come terapia aggiuntiva per il controllo della malattia parodontale e peri-implantare7, 8.
A tal proposito, nel corso degli anni, sono state testate diverse terapie con antimicrobici topici e sistemici, probiotici, farmaci antinfiammatori e micronutrienti antiossidanti. Ad oggi, gli antimicrobici locali sono disponibili sul mercato sotto forma di gel, chips, fibre o microsfere e vengono applicati in siti non trattati o trattati caratterizzati da scarsa risposta o in caso di malattia refrattaria8-15 con lo scopo principale di provvedere la ritenzione a lungo termine di un farmaco altamente concentrato all’interno del tessuto bersaglio16. Infatti, a differenza dei regimi farmacologici sistemici, i farmaci somministrati localmente possono raggiungere concentrazioni 100 volte superiori alla base della tasca senza rischio di tossicità e senza il rischio di sviluppare tolleranza o resistenza batterica17, 18. Tra gli antimicrobici, la clorexidina (CHX) è considerata il gold standard con una lunga storia in medicina poiché introdotta nel 1953 come crema antisettica19-21. È caratterizzata da proprietà antiplacca, attività antimicrobica, sostantività e scarsa tossicità22.
Nel campo dell’odontoiatria è disponibile in una molteplicità di veicoli e formulazioni come collutori, gel, spray, compresse e vernici. Trattenerla all’interno dei tessuti molli per un periodo di tempo adeguato è da sempre stato uno dei più difficili obiettivi da raggiungere19; per questo viene solitamente combinata con diverse molecole/veicolanti al fine di ottimizzarne l’attività. Una di queste è rappresentata dallo xantano, un polisaccaride in grado di formare uno pseudoreticolo tridimensionale quando posto in soluzione acquosa e dunque di sospendere e trattenere numerose sostanze, rilasciandole gradualmente in base alle loro proprietà fisiche e chimiche23, 24. Sebbene alcuni studi abbiano dimostrato vantaggi aggiuntivi utilizzando tali agenti/dispositivi, il valore clinico concreto di questi effetti e il rapporto costi-benefici di questi trattamenti sono stati e sono oggetto di dibattito che ulteriori RCT e revisioni sistematiche sapranno chiarire. Lo scopo di questo articolo è di fornire dei consigli pratici applicabili in alcune situazioni della clinica odontoiatrica quotidiana.
Il gel di clorexidina a base di xantano CHLOSITE è in grado di subire un progressivo processo di imbibizione e rimozione completa in 10-30 giorni, è una combinazione di due formulazioni CHX: 0,5% digluconato e 1,0% dicloridrato incorporate in un polimero saccaridico, lo xantano. La prima viene liberata nel primo giorno e raggiunge una concentrazione >100 μg/ml, che viene mantenuta per una media di 6-9 giorni, superiore alla concentrazione minima inibente per CHX (0,10 μg/ml). La seconda viene invece rilasciata nei giorni successivi e mantiene le concentrazioni batteriostatiche e battericide per almeno 2 settimane25. In quanto coadiuvante alla terapia non chirurgica il gel è in grado di esprimere la sua massima efficacia solo al termine della strumentazione favorendo una guarigione più rapida o il ripristino di una condizione di salute26. A questo aspetto pratico va aggiunta le necessità di un trofismo tissutale adeguato al contenimento del gel stesso, in modo tale da poterne garantire la permanenza per il periodo adeguato di tempo.
A testimonianza della sicurezza di CHLOSITE, l’evidenza scientifica riguardante potenziali effetti avversi secondari all’applicazione di clorexidina (es. cambiamento nella percezione del gusto, pigmentazioni ai denti, etc.) è mancante e, al momento, nessuno studio ha indagato le Patient Related Outcome MEASURES (PROMs). L’unica controindicazione è l’applicazione del prodotto in pazienti con acclarate forme di allergia e/o intolleranza nei confronti della clorexidina.
CHLOSITE nella terapia parodontale non chirurgica
Molti studi hanno evidenziato un benefit in termini di profondità di sondaggio (PPD) e guadagno di attacco clinico (CAL), l’utilizzo di CHLOSITE come aggiunta alla terapia parodontale non chirurgica in pazienti affetti da malattia parodontale con conseguente riduzione della necessità di intervento chirurgico e tutte le morbilità ad uso associate27-29. Più nel dettaglio, Matesanz-Perez et al.30 hanno utilizzato CHLOSITE sia nelle tasche residue dopo una prima fase di terapia parodontale non chirurgica sia in pazienti sottoposti a terapia parodontale di supporto osservando miglioramenti nella PPD, specialmente tra l’intervallo di 1 mese e 3 mesi. Tuttavia l’effetto da un punto di vista clinico nel medio e lungo termine, anche quando statisticamente significativo, è ancora oggetto di dibattito. Un aspetto interessante da indagare resta l’effetto applicativo di CHLOSITE in pazienti anziani, con patologie sistemiche e/o con limitazioni alle ordinarie manovre di igiene orale domiciliare per meglio direzionare le proposte terapeutiche all’interno della quotidianità clinica.
CHLOSITE nel trattamento della gengivite
La gengivite placca indotta è generalmente considerata un’infiammazione sito-specifica transitoria iniziata dall’accumulo di biofilm dentale e caratterizzato da arrossamento gengivale, edema e assenza della perdita di attacco parodontale31. Lo stravolgimento morfo-funzionale, biofilm indotto dell’attacco epiteliale, rispetto alle condizioni di salute, crea uno spazio tridimensionale ideale32 per l’applicazione e il mantenimento nei giorni successivi, di CHLOSITE. Studi randomizzati circa l’effetto aggiuntivo alla terapia parodontale non chirurgica di CHLOSITE potrebbero evidenziare, secondo l’opinione degli autori, un benefit clinicamente apprezzabile in termini di tempistiche e qualità della guarigione del sito affetto da gengivite placca indotta. Un aspetto interessante da indagare resta l’effetto applicativo di CHLOSITE gel in pazienti affetti dalle forme di gengivite non indotte da placca, con l’obiettivo di valutarne l’effetto in termini di riduzione del BOP score.
La mucosite peri-implantare è caratterizzata da infiammazione nel compartimento dei tessuti molli, reversibile se viene attuato un adeguato controllo della placca batterica; studi scientifici riportando che la persistenza di questa situazione clinica possa evolvere in peri-implantite. La terapia non chirurgica in combinazione con il rafforzamento dell’igiene orale è considerata un trattamento standard non solo per la per la gestione della mucosite peri-implantare ma anche per la prevenzione di una patologia che possa portare a danni irreversibili a carico di tutto il tessuto osseo peri-implantare33-35. Da tempo nuovi metodi per migliorare le capacità di decontaminazione della superficie implantare sono stati testati anche in combinazione con diverse aggiunte al mero trattamento non chirurgico36; fra questi alcuni RCT dove sono stati applicati antisettici e antibiotici locali hanno dimostrato risultati talvolta incoraggianti circa l’efficacia in termini di riduzione del sanguinamento al sondaggio (BOP) e riduzione della PPD.
L’importante eterogeneità dei prodotti utilizzati e la difficoltà degli stessi a permanere all’interno del sito patologico interessato, potrebbero essere stati un limite all’effetto degli stessi: un prodotto quale CHLOSITE, grazie alle sue capacità di permanenza maggiori, potrebbe estrinsecare un effetto molto più significativo in termini di benefit clinico. Ulteriori lavori randomizzati controllati dovrebbero essere costruiti e realizzanti per fornire una risposta sempre più efficace per una malattia con un incidenza in aumento. A tal proposito un aspetto interessante da indagare sarebbe l’effetto su BOP e sulla stabilità ossea post applicazione di CHLOSITE all’interno dell’impianto prima del posizionamento del restauro protesico.Conclusioni
CHLOSITE è statuto dimostrato essere un prodotto ergonomico e sicuro con diversi campi di applicazione nel trattamento e prevenzione di alcune problematiche parodontali e peri-implantari. Diversi lavori suggeriscono la strutturazione di trials clinici per valutare l’efficacia di CHLOSITE nei pazienti sani e con patologie sistemiche affetti da parodontite e peri-implantite per poterne meglio identificare le indicazioni applicative.
Bibliografia
Jacopo Lanzetti, Jessica Curcio, Armando Crupi, Francesco Pera Department of Oral ...
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