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Rigenerare i volumi ossei in modo predicibile

Rigenerare i volumi ossei in modo predicibile
Lo stato dell’arte e il ruolo dei sostituti ossei di sintesi

Obiettivi:
  • Descrivere l’anatomia e le basi dell’istologia ossea
  • Illustrare i processi di rigenerazione ossea
  • Indicare quali caratteristiche rendono valido un materiale da rigenerazione
  • Descrivere i principali materiali da rigenerazione
  • Aiutare nella scelta del giusto scaffold per ogni situazione


Introduzione
La rigenerazione ossea, in ambito odontoiatrico, è un tema che ha destato sempre molto interesse da parte dei ricercatori, alimentando spesso diatribe originate da approcci diversi ma sempre interessanti. Per questa ragione troviamo in commercio una vasta scelta di materiali distinti in omologhi, eterologhi e sintetici. Nel corso degli anni c’è stata una evoluzione dei biomateriali da innesto avente lo scopo di ottenere risultati sempre più predicibili e soddisfacenti. Va detto che il successo finale della rigenerazione ossea è operatore dipendente e quindi, una condizione imprescindibile, è l’esperienza e la capacità del chirurgo.
Detto ciò, risulta evidente dalla recente letteratura che i biomateriali sintetici osteoconduttivi più innovativi consentono di avere un’ottima predicibilità per quanto riguarda la rigenerazione tissutale e, inoltre, permettono all’operatore di avere una valida alternativa all’utilizzo di sostanze di origine animale.

 
  1. Anatomia del tessuto osseo
Le ossa sono costituite da un tipo di tessuto connettivo caratterizzato dalla mineralizzazione della sostanza fondamentale che presenta due tipi di strutture: non lamellare (propria delle ossa in formazione nel feto e di quelle riparate in seguito a fratture) e lamellare.
La particolare composizione del tessuto osseo conferisce caratteristiche di durezza e flessibilità. Le ossa sottoposte a trattamenti proteolitici, finalizzati ad eliminare la componente proteica, hanno prodotto un tessuto molto compatto ma fragile, mentre in seguito a decalcificazione le ossa diventano molto elastiche e flessibili ma poco dure. La componente proteica, perciò, garantisce all’osso una buona resistenza alle sollecitazioni meccaniche, mentre la componente mineralizzata gli conferisce la caratteristica durezza.
La componente organica è costituita da collagene di tipo I, osseina e una glicoproteina chiamata osteomucoide. La componente mineralizzata, che nell’adulto costituisce il 60/70% dell’intero osso, è composta da fosfato di calcio (86%) in forma di cristalli di idrossiapatite, carbonato di calcio (12%), fosfato di magnesio (1.5%), fluoruro di magnesio (0.5%) e tracce di ossido di ferro.
Nonostante siano in parte costituite da minerali, le ossa sono organi a tutti gli effetti: la loro parte minerale viene costantemente rinnovata da due tipi di cellule al loro interno, gli osteoclasti e gli osteoblasti. I primi liberano idrolasi acide, che hanno il compito di dissociare i sali minerali e distruggere le fibre di collagene in modo da poterli riassorbire. Gli osteoblasti, invece, sintetizzano nuova matrice fondamentale. Quando questi ultimi vengono circondati dalla stessa matrice prodotta, terminano la sua produzione e prendono il nome di osteociti.
Tutte le ossa sono ricoperte da una membrana fibrosa di colore biancastro molto vascolarizzata chiamata periostio da cui si dipartono fasci di fibre connettivali (fibre di Sharpey) che si estendono in profondità ancorandola all’osso. Nei punti in cui l’osso si articola con le ossa limitrofe, le fibre del periostio si intrecciano con quelle della capsula sinoviale. Il periostio si interrompe anche nei punti di inserzione della muscolatura lasciando il posto ai tendini. Le cavità interne dell’osso sono ricoperte da una membrana simile al periostio chiamata endostio.
La sostanza fondamentale delle ossa è costituita da sostanza inorganica (~55%), sostanza organica (~28%),  acqua (~17%).
La sostanza organica è l’osseina, la parte inorganica invece è costituita da fosfato di calcio in percentuale maggiore, ma anche da carbonato di calcio, fosfato di magnesio e fluoruro di calcio.

2. Processi alla base del riassorbimento osseo
La causa principale di perdita ossea dentale è l’edentulia parziale o totale. Quando si perde un dente viene a mancare il sostegno naturale della radice e del dente stesso all’osso nel quale è inserito, questo determina una riduzione della componente ossea, a volte seguita dalla componente gengivale.
Un’altra causa di perdita ossea dentale è la parodontite. Questa malattia determina la distruzione dell’apparato di sostegno del dente, dunque del parodonto, di cui l’osso fa parte.
Bisogna considerare che la perdita di osso alveolare non è una condizione definitiva. Attraverso le tecniche di rigenerazione ossea, in casi selezionati, è possibile ottenere un aumento di volume tissutale importante.

Perdere i propri elementi dentari è un trauma sia fisico che psicologico. Avere una buona dentatura è, non solo segno di salute, ma anche di benessere estetico e giovinezza. Di conseguenza, tutto ciò che è legato alla sua mancanza diventa un problema.
In particolare l’atrofia ossea dei mascellari, fisiologica o determinata da traumi, è dettata da un riassorbimento di tutti i tessuti che prima sostenevano il dente. Questa condizione si evidenzia più frequentemente nelle persone anziane in cui gli elementi vengono persi per differenti cause: carie non curate, pulpiti, parodontiti, alimentazione errata, assunzione di farmaci che determinano deficit a livello salivare e, nei casi più gravi, tumori della cavità orale.

Intorno ai 50 anni la densità ossea inizia a ridursi gradualmente. Questo vale sia per gli uomini che per le donne, quest’ultime in percentuale più elevata. Le ossa mascellari e mandibolari sono naturalmente comprese in questo processo degenerativo, per questo la perdita degli elementi dentari è una condizione inevitabile nei soggetti anziani. Tuttavia la prevenzione in molti casi aiuta a evitare, o almeno a limitare, il danno. Con l’avanzare dell’età, è anche abbastanza diffuso un approccio differente al proprio benessere e alla cura della propria persona. In questo senso si tende a spostare l’attenzione prevalentemente su eventuali patologie apparentemente più gravi e urgenti da affrontare.
Proprio in ragione di una trascuratezza protratta nel tempo e a seguito delle cause precedentemente citate, il riassorbimento dell’osso alveolare, si manifesta in maniera progressiva.

3. Utilizzo dei biomateriali di origine sintetica e naturali
I biomateriali sono prodotti inerti che vengono utilizzati per ricostruire o riparare un tessuto mancante. Possono essere di origine naturale o sintetizzati in laboratorio e sono in grado di interagire con l’organismo umano. I biomateriali, come i sostituti ossei e le membrane in collagene, sono largamente utilizzati in odontoiatria rigenerativa così come in ortopedia, per la rigenerazione di ossa e cartilagine.
Nello specifico è definito biomateriale ogni sostanza destinata ad essere messa in contatto con i tessuti viventi e/o fluidi biologici per mantenere o modificare le forme, per rimpiazzare un tessuto o un organo.
Sono state distinte tre modalità di comportando biologico: biotolleranza, bioinerzia e bioattività.
La biotolleranza prevede l’osteogenesi a distanza in cui il materiale è separato dall’osso circostante da una capsula connettivale. Questa modalità determina una buona biocompatibilità e tollerabilità dei tessuti e la formazione ridotta di prodotti di degradazione, un’esempio tipico è il comportamento delle protesi in acciaio nell’organismo.
La bioinerzia è caratterizzata dall’osteogenesi a contatto, in cui non vi è separazione connettivale tra materiale innestato e osso neoformato. In questo caso il materiale non scambia ioni con i tessuti vitali, un’esempio tipico è il comportamento delle protesi in titanio.
La bioattività garantisce l’interazione positiva con i tessuti circostanti. Il grado di interazione è molto elevato, lo scambio di ioni tra materiale e tessuti è presente. Un tipico esempio di questa modalità è l’idrossiapatite HA.
I biomateriali in odontoiatria sono utilizzati per colmare difetti ossei in differenti situazioni cliniche, per il rialzo del senso mascellare, il riempimento di alveoli post-estrattivi, l’aumento del volume osseo oppure in ambito implantologico.

3.1 osteogenesi, osteoinduzione e osteoconduzione
La rigenerazione ossea, sia fisiologica che riparativa, si avvale di tre fondamentali meccanismi: osteogenesi, osteoinduzione ed osteoconduzione.
Il nostro tessuto osseo viene riparato utilizzando questi tre meccanismi in sequenza. I biomateriali permettono una riparazione ossea utilizzando, in modo più o meno efficace, l’osteoconduzione e/o l’osteoinduzione.
Per osteogenesi intendiamo la formazione di un nuovo osso da parte delle cellule vitali, prevalentemente osteoblasti, presenti nell’innesto. Ogni innesto osseo vitale permette questa fase.
L’osteoinduzione è la trasformazione (o differenziazione) di cellule mesenchimali totipotenti in cellule condrogeniche ed osteogeniche dopo la loro esposizione a vari fattori, come le BMP (Bone Morphogenetic Protein). Tali molecole vengono rilasciate dalla stessa componente cellulare dell’osso e vengono distinti in fattori osteoinduttivi (permettono il differenziamento delle cellule totipotenti in osteoblasti) e in fattori di crescita (stimolano la proliferazione di cellule già differenziate).
L’osteoconduzione, o neoformazione ossea guidata, consiste nell’apposizione di nuovo osso partendo da osso già esistente. Un materiale osteoconduttivo inserito in tessuti molli non determina la formazione di osso.
Da un punto di vista biologico è fondamentale l’azione di “scaffold”, o stampo, in cui il materiale viene progressivamente sostituito (integrato) da osso neoformato, che segue l’impalcatura inorganica (fenomeno denominato “creeping substitution”). Questa attività viene promossa, in misura variabile, da tutti i sostituiti ossei che mantengono la componente inorganica e dai materiali sintetici.

4. Materiali utilizzabili come scaffold di origine sintetica
I sostituti dellosso sintetici sono ottenuti tramite processi di sintesi chimica e possono essere riassorbibili o non riassorbibili. Attualmente nessun biomateriale di origine sintetica
ha mostrato completa rimodellabilità osteoclastica.

Se ne possono trovare di vario tipo in commercio, quelli più utilizzati in ambito odontoiatrico sono:

 
  • Solfato di calcio (o gesso di Parigi): è un sale che si scioglie direttamente in ambiente
    acquoso e viene riassorbito in 4-6 settimane perciò ha un riassorbimento molto veloce. E’ ottimale per piccoli difetti infraossei ad alto potenziale rigenerativo. Non è il materiale di elezione in difetti più importanti con meno pareti poiché il potenziale rigenerativo è minore.
  • Fosfato di calcio e derivati: è un gruppo eterogeneo di materiali con diverse proprietà di riassorbimento che dipendono dalla disposizione e dal numero dei legami chimici della molecola. Hanno un riassorbimento rapido (circa 2-3 mesi) dovuto all’attività di idrolisi e di rimaneggiamento cellulare.
  •  Idrossiapatite sintetica (HA): è un materiale scarsamente o per nulla riassorbibile, riscontrabile anche dopo anni nel difetto in cui è stato posto. Gode di un ottimo effetto conduttivo e si osteointegra con il tessuto osseo neoformato. Per anni è stato il biomateriale principe perché si credeva che mettendolo a livello locale si favorisse la formazione della componente inorganica dell'osso. Si è evidenziato come in realtà non sia così, ma comunque l'idrossiapatite è un buon materiale grazie alla elevata affinità e capacità di adesione delle cellule alla sua superficie.
  •  Biovetri: sono materiali per nulla o scarsamente riassorbibili in grado di legarsi al tessuto osseo neoformato. La loro superficie è resistente allattività osteoclastica. Hanno una scarsa riassorbibilità dovuta allimpossibilità dellosteoclasto di eseguire il ciclo di riassorbimento completo (questo vale anche per le idrossiapatiti sintetiche).
  •  Acido polilattico-poliglicolico: ha un riassorbimento generalmente lento, per idrolisi diretta, correlato al grado di densità del composto. Come caratteristiche è una via di mezzo tra solfato di calcio e idrossiapatite. Il tempo di riassorbimento valutato è medio-lungo.
  • 5. L’utilizzo di biomateriali nel rialzo di seno mascellare
Il seno mascellare è la più ampia cavità paranasale che occupa normalmente lintero corpo dellosso mascellare. È una cavità bilaterale, spesso asimmetrica (un seno non è quasi mai uguale allaltro). Ha una forma di piramide triangolare con base sulla parete verticale del naso.
Presenta varie funzioni:
- Umidifica e riscalda l
aria respirata
- Trasporta il muco
- Riduce il peso delle ossa facciali
- Protegge la base cranica dai traumi
- Influenza la fonazione agendo da cassa di risonanza

- Isola termicamente i centri nervosi superiori

Durante le procedure di innesto è fondamentale mantenere un adeguato apporto vascolare. Quindi la conoscenza della posizione dei principali vasi interessati nella chirurgia del seno riveste un ruolo importante per il raggiungimento del successo. Se non si conoscono le posizioni delle arterie durante le manovre di rialzo del seno si rischia di danneggiarle.
Le pareti interne del seno mascellare sono rivestite da una membrana mucosa (la membrana di Schneider), istologicamente è rappresentata da epitelio ciliato.

Nel momento in cui non si hanno le volumetrie ossee perché il seno mascellare si è iperpneumatizzato e la cresta ossea si è riassorbita, bisognerà creare una tasca sottoschneideriana (spazio tra membrana di Schneider e pavimento del seno mascellare) Nella suddetta area verrà introdotta una quantità di materiale atto ad indurre un aumento di spessore dellosso, in modo da mantenere la volumetria fino a quando i processi di guarigione e trasformazione porteranno il tessuto innestato alla formazione di osso.
 

5.1 principi di rigenerazione ossea
Per ottenere un’osteogenesi di successo dobbiamo garantire un sufficiente apporto ematico e la stabilità meccanica dellinnesto. Questo per evitare una guarigione per seconda intenzione che determinerà, a sua volta, una formazione di fibrosità e, conseguentemente, la generazione di osso di scarsa qualità.
Nella rigenerazione ossea dei difetti ampi sono necessari parecchi mesi prima di ottenere un completo riempimento, un materiale autologo viene riassorbito e rigenerato in 4 mesi, il biovetro può impiegare 8-12 mesi.


Il materiale innestato deve essere di granulometria variabile, poroso e non perfettamente sferico per favorire la neoangiogensi e la colonizzazione da parte di cellule e vasi.
Le procedure effettuate nella stessa maniera possono portare a risultati estremamente diversi in funzione del materiale utilizzato.
Il materiale deve essere riassorbibile in tempi non troppo rapidi, pena l
impossibilità di riempire tutto il difetto con osso neoformato, ma nemmeno troppo lento, perché questo porterebbe un ripristino funzionale in tempi non accettabili da parte del paziente.

Il materiale da innesto dunque deve:
- Riempire lo spazio da rigenerare
- Mantenere il volume al di sotto della membrana
- Favorire la migrazione di cellule osteogenetiche
- Favorire la formazione ossea a distanza che proviene dalla parete
- Favorire l
angiogenesi
- Deve essere riassorbibile per favorire i processi di rimaneggiamento osseo


6. Il ruolo della membrana nella rigenerazione parodontale
I materiali da innesto che possiamo utilizzare sono molteplici. In GBR, o comunque in qualunque caso si voglia ripristinare una volumetria ossea persa, il materiale gold standard è losso autologo per tutta una serie di caratteristiche proprie del materiale che ha capacità di osteoinduzione, osteoconduzione ed osteogenesi.

Il vero protagonista della rigenerazione parodontale è la membrana.
Le membrane sono una componente importante in ambito rigenerativo e si distinguono in due tipi: non riassorbibili (es. politetrafluorietilene espanso ePTFE) e riassorbibili (es. collagene di tendine equino o acido polilattico-poliglicoico). Hanno entrambe delle caratteristiche ben precise che le distinguono e consentono all’operatore di variarne l’utilizzo a seconda della terapia da effettuare.

Isolando attraverso una barriera fisica lepitelio gengivale e le cellule di tessuto connettivo gengivale dalla regione interessata dallintervento, si può consentire alle cellule del legamento parodontale di ripopolare la superficie delle radici isolate (ossia di guidarle nel processo di rigenerazione). Questa osservazione ha fornito il fondamento su cui basare lapplicazione clinica del principio di trattamento detto rigenerazione tissutale guidata” (GTR). Pertanto lapplicazione clinica della rigenerazione tissutale guidata nella terapia
parodontale comporta linserimento di una barriera fisica per garantire il ripopolamento della superficie radicolare isolata da parte delle cellule del legamento parodontale.

7. I risultati ottenibili con l’idrossiapatite di diversa origine
L’idrossiapatite è un materiale utilizzato frequentemente in ambito rigenerativo. In commercio si può trovare in diversi composizioni e formati in base all’utilizzo di cui l’operatore necessita.
Lidrossiapatite è una componente naturale del tessuto duro (65% nel tessuto osseo, 98% nello smalto). Lidrossiapatite sintetica è disponibile in diverse forme: porosa, non porosa, ceramica e non ceramica. Grazie alle proprietà osteo-integrative, questo materiale è utilizzato nelle tecniche GBR per il rivestimento degli impianti. Lidrossiapatite è bioinerte e biocompatibile.
L’idrossiapatite in granuli è ottimale come mantenitore di spazio e, dopo averlo posizionato nel sito da rigenerare, si riassorbe lentamente.
I granuli svolgono la funzione di scaffold per la rigenerazione del tessuto osseo, in particolare ne sostengono l’attività stimolando l’osteoconduzione, favorendo l’adesione delle proteine della matrice ossea e promuovendo la differenziazione dei precursori degli osteoblasti.
Oltre alla classica composizione granulare si può utilizzare anche quella in gel, la miscelazione delle due permette una maneggevolezza più semplice consentendo l’inserimento del materiale nel difetto osseo da rigenerare. E’ importante che il materiale non venga compattato eccessivamente per evitare una riduzione nella permeabilità del sangue all’interno dell’innesto.

Ghimas ha introdotto in commercio dei prodotti a base di idrossiapatite sintetica che garantiscono dei risultati decisamente soddisfacenti.

Fisiograft Nano HA Reinforced è anch’esso un mantenitore di spazio per la sintesi di nuovo osso ed è formato da nano particelle di idrossiapatite con PLA-PGA e polietilglicole. Avendo dei granuli di dimensioni ridotte e di forma arrotondata determina un miglioramento biofunzionale delle cellule osteogeniche che prediligono queste forme. Infatti i granuli di idrossiapatite tipici di questo prodotto consentono l’aggregazione con l’idrossiapatite prodotta da osteoblasti e osteociti generando così tessuto osseo.
Questo materiale è utilizzabile sia in implantologia (siti post-estrattivi, deiscenze, rialzo del seno mascellare) che in parodontologia (riempimento di tasche a due o più pareti, trattamento dei difetti delle formazioni di II grado) e chirurgia orale (difetti dopo cistectomia, resezione apice radicolare ed estrazioni di denti inclusi).
E’ consigliato utilizzare questo prodotto per la ricostruzione di difetti ossei parodontali, il riempimento di difetti ossei dopo cistectomia, apicectomia, dopo la perdita di impianti dentali o per l’aumento di creste alveolari atrofiche.
Può essere adoperata anche in ambito chirurgico maxillo-facciale.
Viene consigliata, prima dell’utilizzo, la miscelazione con soluzione fisiologica sterile per raggiungere una consistenza ottimale e garantire una buona maneggevolezza.
Questa idrossiapatite micrometrica si lega ai componenti del tessuto osseo, del cemento e della dentina, formando un nuovo strato di tessuto dentale, utile nei difetti parodontali.

8. I risultati ottenibili con copolimero acido polilattico-poliglicolico (PLA-PGA)

La famiglia dei polimeri derivati dall’acido polilattico (PLA) o dell’acido poliglicolico (PLG) e quella dei loro copolimeri, entrambi biodegradabili, costituiscono un settore di punta nella ricerca di biomateriali per la rigenerazione ossea. Questi materiali sono prodotti sotto diverse forme per costruire dispositivi per la chirurgia ossea rispondenti a diverse esigenze, come barriere per la stabilizzazione dei tessuti, dispositivi di fissazione, innesti con diverse porosità, sistemi Carrier (solidi o semi-solidi) per fattori di crescita (GF), proteine morfogenetiche dell’osso (BMP) o altre molecole bioattive. Questi materiali sono stati anche ideati per agire come impalcatura (scaffold) per favorire l’adesione di specifiche linee cellulari tali da conseguire la differenziazione e la formazione di osso.
I copolimeri PLA-PGA vengono utilizzati, sia solido spugnoso che in gel o in polvere, nelle procedure di rialzo di seno mascellare, come mantenitore di spazio nella rigenerazione della cresta alveolare, nel trattamento di profondi difetti intraossei parodontali.
Le tre formulazioni possono essere miscelate fra loro per ottenere la consistenza più adatta alla situazione. Inoltre il materiale è totalmente riassorbibile.
Il copolimero ha una densità ridotta e funge da mantenitore di spazio tra l’osso e il tessuto connettivo.
Il sangue può permeare il materiale permettendo in questo modo agli osteociti di sostituirlo, generando nuovo tessuto osseo naturale.
Il PLA-PGA è un copolimero assolutamente biocompatibile e anallergico, inoltre non determina alcuna risposta infiammatoria da parte dell’organismo.
Le diverse consistenze determinano una compattazione differente del materiale nel sito indagato. La spugna può essere collocata nel sito ricevente senza compattarla. La polvere, spesso associata alla componente spugnosa, è utilizzata per riempire le tasche infraossee, gli alveoli post-estrattivi o altre lacune ossee, quando il lembo ha la capacità di tenere in situ il materiale. La componente in gel ha la capacità di colmare anche cavità irregolari in cui il lembo non garantisce la chiusura totale del difetto.

Il Fisiograft è composto da acido polilattico e poliglicolico (PLA-PGA) e si può trovare in commercio nelle formulazioni in polvere + destrano, in spugna + destrano o in gel + PEG.
E’ importante segnalare che il loro peso molecolare ridotto consente una rapida degradazione biologica, dai 3-4 ai 6-8 mesi, tempo in cui si otterrà la crescita di un nuovo tessuto osseo nella zona di deficit.

9. I risultati ottenibili con altri biomateriali

Il fosfato β-tricalcico viene usato come innesto in chirurgia preprotesica maxillo-facciale, in interventi per il riempimento di cisti estese, in interventi di rialzo di seno mascellare, in chirurgia parodontale, in chirurgia implantare, in traumatologia, in ortopedia e in chirurgia della mano.
Il fosfato di calcio si riassorbe con una velocità che varia in proporzione inversa con la misura delle particelle e con il volume del materiale e in rapporto diretto con la porosità di questultimo. Tale riassorbimento si ottiene attraverso due meccanismi: soluzione-mediata e cellulo-mediata. Nel primo caso è il pH a determinare il riassorbimento, infatti la diminuzione del pH porta a una dissoluzione dei materiali mineralizzati.
I biovetri o vetri bioattivi sono una classe di biomateriali ceramici introdotti di recente in commercio, che presentano alcune innovative caratteristiche di comportamento biologico. Possono legarsi a tessuti leggeri e anche alle ossa. La superficie forma un piano biologicamente attivo di idrossiapatite, che fornisce
linterfaccia di legame con i tessuti.
Un altro biomateriale è il solfato di calcio sempre di origine sintetica, totalmente riassorbibile. È usato con successo in chirurgia parodontale, in chirurgia endodontica, nei casi di atrofia ossea e negli interventi di rialzo del seno mascellare. È un materiale a basso costo, ma di limitata maneggevolezza, problema che però può essere superato tramite lutilizzo di acceleratori e con lesperienza clinica, tenendo il difetto ben asciutto.
Il solfato di calcio può essere utilizzato in associazione ad altri materiali come losso autologo, il DFDBA, i polimeri o lHA, potenziandone le capacità osteogeniche.
Si può trovare in commercio in forma granulare con dimensioni differenti: piccoli, medi o grandi. Garantisce l’azione di mantenitore di spazio fungendo da membrana e, inoltre, impedisce alla cellule epiteliali di invadere l’area destinata alla neoformazione ossea. Per questo motivo il materiale può essere impiegato “stand alone” o insieme ad una membrana.
Ha la caratteristica di essere osteoconduttore dunque favorisce la crescita di osso trabecolare con spazi midollari ben rappresentati. Infine sostiene la formazione di vasi sanguigni e cellule osteogenetiche.

Il Surgiplaster composto da solfato di calcio ed è utile a mantenere lo spazio di sintesi di matrice ossea.
E’ possibile scegliere tra tre granulometrie differenti in base al difetto da riempire, 1000x2000nm (Sinus), 250x500nm (P30) o 500x1000nm (G170).
Questo prodotto si riassorbe in 4-16 settimane dal posizionamento, determinando una sostituzione ossea pressoché totale. E’ stato valutato inoltre che il materiale ha caratteristiche intrinseche bioattive.


10. Conclusioni
Come abbiamo visto anche i materiali alloplastici, oltre agli autologhi, omologhi o eterologhi, possono essere utilizzati con ottimi risultati per quanto concerne la rigenerazione dei tessuti parodontali, in particolare per riempire i deficit ossei con la formazione di una nuova matrice ossea.
Esistono molti prodotti che vanno in questa direzione, per questo è necessario conoscerne a fondo le specifiche applicazioni per ottenere i migliori risultati clinici.
Va sottolineato inoltre come prodotti di sintesi consentono di evitare l’utilizzo di materiali naturali e, di conseguenza, di non incorrere in tutte le problematiche etiche, religiose o comportamentali che i pazienti possono esprimere nei confronti dei suddetti materiali.

Key points:
  • L’aumento dell’età media della popolazione ha portato sempre già persone a trovarsi nella condizione di rigenerare volumi assai andati persi a causa soprattutto di edentulie protratte nel tempo.
  • Per padroneggiare i processi di rigenerazione è necessario partire dalle basi, la conoscenza di anatomia e fisiologia dell’osso.
  • La rigenerazione ossea si avvale di tre fondamentali meccanismi: osteogenesi, osteoinduzione ed osteoconduzione.
  • L’idrossiapatite sintetica in granuli svolge un ruolo di scaffold ottimale, in particolare sostiene l’attività di rigenerazione ossea stimolando l’osteoconduzione, favorendo l’adesione delle proteine della matrice ossea e promuovendo la differenziazione dei precursori degli osteoblasti.
  • Esistono scaffold pensati per ciascun tipo di rigenerazione e tale specificità va rispetta per ottenere risultati predicibili.
Pubblicato il 28 lug 2023
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